Raffaele Ilardo
Come funzionano gli amplificatori digitali
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Classi di funzionamento degli amplificatori
Per comprendere meglio le caratteristiche degli amplificatori digitali è bene ricordare brevemente i princìpi di funzionamento degli stadi di amplificazione classici.figura 1
Il segnale viene amplificato da un solo transistor, che deve quindi riprodurre sia le semionde positive che quelle negative (figura 1). Affinchè la tensione di uscita, presente sul collettore del transistor, possa seguire le oscillazioni nei due sensi, occorre che in condizioni di riposo essa abbia già un valore intermedio: se l'alimentazione è a 12 V, la tensione sul collettore a riposo deve essere di 6 V. Occorre quindi che la polarizzazione del transistor, determinata dalla corrente di base Ib, sia tale da far scorrere nella resistenza Rc una corrente media, in grado di portare il collettore alla tensione richiesta. A causa di questa corrente di collettore sempre presente, lo stadio in classe A presenta una notevole dissipazione di potenza anche in assenza di segnale. Il rendimento è infatti molto basso, dell'ordine del 25%.
Stadio finale in classe B
Nel funzionamento in classe B il transistor non è polarizzato a priori da una corrente di base, ma conduce solo per effetto del segnale in entrata; in altre parole, può soltanto aumentare il suo grado di conduzione, e può quindi amplificare solo una semionda.
figura 2
Stadio finale in classe AB
Il funzionamento in classe B ha un buon rendimento, che consente di trattare notevoli potenze senza una dissipazione eccessiva, ma è caratterizzato dall'inconveniente di presentare una sensibile distorsione, detta "distorsione di cross-over". La causa di tale distorsione è da ricercarsi nel ritardo con cui i due transistor iniziano a condurre in presenza di segnale; poiché un transistor entra in conduzione solo quando la sua tensione di base raggiunge più o meno la tensione di 0,6 V, la parte di segnale inferiore a tale livello non viene amplificata.
Per eliminare questo inconveniente si ricorre allora ad una pre-polarizzazione preliminare, fornendo ai transistor una tensione di base in grado di portarli ad un livello minimo di conduzione, pronti pertanto ad amplificare il segnale in arrivo, la cui tensione andrà a sommarsi a quella di pre-polarizzazione; questa tensione, di circa 1,3 V, è presente ai capi della resistenza R2 (figura 2). In seguito a questa tensione, nei transistor finali scorre sempre una debole corrente di polarizzazione; il rendimento è quindi leggermente più basso rispetto al funzionamento in classe B, con valori del 50 o 60%.
La classe D, ovvero gli amplificatori digitali
Nel campo dell'elettricità la potenza è data dal prodotto della tensione per la corrente. Se consideriamo il funzionamento di un transistor, possiamo analizzare due condizioni particolari: il transistor in interdizione ed il transistor in saturazione.Quando un transistor è in saturazione viene attraversato dalla massima corrente possibile, ma la tensione ai suoi capi è prossima allo zero. La potenza dissipata dal transistor risulta quindi P = V x I = zero x I = zero.
figura 3
P = V x I = V x zero = zero.
I due casi descritti corrispondono al funzionamento del transistor come interruttore ON-OFF, ed è proprio in questo modo che il transistor viene fatto lavorare negli amplificatori detti "digitali".
Il segnale da amplificare viene utilizzato per modulare il duty-cicle di un oscillatore, la cui frequenza è fissa ed ha un valore di alcune centinaia di kilohertz.
Per chi non fosse a conoscenza di queste tecniche, si ritiene utile qualche chiarimento. Con riferimento ad un oscillatore ad onda quadra (figura 3) chiamiamo T il periodo, ovvero la durata di ciascuna oscillazione completa, e TON il tempo in cui l'onda è a livello alto. Il rapporto fra TON e T viene detto "duty-cicle".
figura 4
E' evidente che con questa tecnica i transistor finali lavoreranno sempre come semplici interruttori on-off, dissipando di conseguenza una potenza minima; il rendimento di tali amplificatori è infatti maggiore del 90%.
Il processo termina quindi con un'operazione di demodulazione, ovvero trasformando le variazioni di duty-cycle in variazioni di ampiezza. Allo scopo, si applicano in uscita dei filtri passa-basso costituiti da induttanze e condensatori.
figura 5
Come esempio, si riporta in figura 5 lo schema del TPA3125, un integrato che permette di realizzare un amplificatore stereo da 10W per canale; si notino, all'uscita di ciascun canale, le induttanze da 33 µH.
L'integrato può essere alimentato con tensioni da 10 a 26 V e la sua efficienza è così elevata che, non dissipando calore inutile, può funzionare senza alcuna aletta di raffreddamento.
Concludendo
L'amplificatore digitale rappresenta un'ottima scelta quando si desideri poter usufruire di una buona potenza di uscita abbinata ad un consumo minimo di energia; per esempio, negli apparecchi portatili alimentati a batteria. Circuitalmente questi amplificatori sono piuttosto complessi, ma facendo ricorso ai circuiti integrati non è difficile realizzarne alcuni aggiungendo pochi componenti esterni; in certi casi viene addirittura usata come elemento filtrante la stessa impedenza della bobina dell'altoparlante.
E' molto importante curare la disposizione dei pezzi e delle piste, per ridurre al minimo la possibilità di irradiare disturbi ad alta frequenza.
Affinchè un amplificatore digitale possa eguagliare le riproduzione di un classico hi-fi analogico, occorre mettere in atto accorgimenti che complicano notevolmente il progetto; rimane in ogni caso una valida alternativa per apparecchiature consumistiche senza eccessive pretese, come la riproduzione di MP3 o di musica dal PC.